Un tempo il dolce era l’eccezione legata alla fe- sta, oggi è un appuntamento quotidiano o pluriquotidiano. Senza contare il contemporaneo eccessivo apporto di grassi presenti in molti dolci, che pensiamo siano ricchi solo di zuccheri.
L’overdose di grassi e di zuccheri semplici nella dieta è sicuramente correlata al sovrappeso e all’obesità, così come alla carie dei denti. Gli zuccheri semplici, specie quando sono presi da soli e non all’interno di un pasto, vengono assorbiti con grande velocità e provocano i cosiddetti picchi di glicemia.
Il sangue diventa in buona sostanza “molto dolce” e al pancreas tocca allora pompare tanta insulina, l’ormone preposto ad abbassare la quota degli zuccheri in circolo. Troppi picchi di glicemia e troppe pompate di insulina alla lunga non fanno affatto bene.
Con gli anni il meccanismo tende a funzionare sempre meno e favorirebbe la comparsa del diabete di tipo II, malattia in larga ascesa, e per la quale un altro potente fattore di rischio è l’obesità. In Italia si contano oggi 3-4 milioni di diabetici e 10 milioni sono interessati dalla sindrome metabolica, una specie di anticamera del diabete. Il diabete è un fattore di rischio per l’infarto, l’ictus, le vene varicose e altre malattie cardiovascolari (una donna diabetica rischia l’infarto 4 volte più di una sua coetanea non diabetica), produce complicazioni ai reni, alla vista, alla potenza sessuale nei maschi, ai neuroni e comporta una qualità di vita drasticamente ridotta. Ma ciò che è ancora più preoccupante è che fino a pochi anni fa il diabete di tipo II era una malattia dell’età matura o dell’anziano.
Ora appare già a 20-30 anni e negli Stati Uniti è diventato nei bambini più frequente del diabete di tipo I (una malattia su base genetica). Di fatto, dagli zuccheri semplici non dovrebbe venirci più del 10-15% dell’appor- to calorico giornaliero: in una dieta media di 2100 calorie, non più di 2-300 calorie, che corrispondono a 50-75 gr di zuccheri semplici (un grammo di zuccheri vale 4 calorie). Per avere un’idea, ci sono 5 gr di zucchero da cucina in un cucchiaino da caffè, ce ne sono 20 in un’aranciata o in un etto di corn-flakes.
A essere potenzialmente dannosi sembrano essere soprattutto gli zuccheri “liquidi”: un elevato consumo di bibite dolcificate appare come uno dei principali fat- tori di rischio di obesità infantile. Probabilmente perché in natura non esistono bevande a consistente valore energetico (fatta eccezione per il latte) e l’organismo umano potrebbe quindi essere impreparato a gestire un elevato apporto di calorie per via liquida. Alcuni studi indicano che le calorie “liquide” tendono ad avere un effetto ingrassante maggiore di quelle “solide”, specie quando siano già presenti sovrappeso, una predisposizione genetica ad accumulare grasso e l’inattività fisica. Le calorie “liquide” vengono assorbite più velocemente e sono utilizzate meno bene dal nostro organismo.
Ci sono evidenze che alzino maggiormente i grassi circolanti nel sangue (trigliceridi) e che venga mutata anche la qualità di questi grassi, in senso negativo. Sembra anche che da un troppo disinvolto consumo di calorie “liquide” possa essere favorita una maggiore resistenza all’insulina, con una possibile azione di predisposizione allo sviluppo di un diabete. Il discorso non riguarda le sole bibite zuccherate. Coinvolti sono anche i succhi di frutta: il fruttosio in essi contenuto pare avere un impatto ancora maggiore nel far aumentare i grassi nel sangue. Così come certe presunte bevande “energizzanti”, di moda tra i giovani: in queste ultime, tra l’altro, agli effetti degli zuccheri è da sommare l’azione di altri ingredienti come caffeina, alcol, taurina, che possono peggiorare il modo in cui l’organismo utilizza l’energia, specie in soggetti in cui questi meccanismi sono ancora in evoluzione, come bambini o adolescenti.
In buona sostanza: le bevande “dolci” non vanno demonizzate, un loro consumo saltuario è più che lecito, specie se non avviene a stomaco vuoto. Da evitare è come al solito l’abu- so, il consumo cronico e smodato. È compito di genitori e educatori far capire a bambini e adolescenti che per placare la sete e mantenere la linea non c’è ancora nulla di meglio dell’acqua.